Economia e lavoro, Società e politica internazionale

VIA DELLA SETA: MAPPA, INVESTIMENTI, PRO E CONTRO. TUTTO CIÒ CHE C’È DA SAPERE

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10 domande sulla Nuova Via della Seta: mappa, ruolo dell’Italia, timori sul debito, sviluppo in Africa e… Tutto quello che c’è da sapere sulla Belt and Road

 

di Lorenzo Lamperti

Chi ancora pensa che la Nuova Via della Seta sia un nostalgico revival delle antiche avventure eurasiatiche di Marco Polo sarà deluso. La Belt and Road Initiative, di cui si parla da anni nel mondo, è il più colossale piano economico-diplomatico di sempre. Ora anche in Italia, vista la volontà espressa dal governo Lega-M5s di sottoscrivere il memorandum di intesa con la Cina, se ne sta parlando molto. Ecco allora una guida (parziale, non basterebbe un libro a cogliere tutte le sfaccettature e implicazioni) di Affaritaliani.it sugli aspetti principali del progetto che sta (già) cambiando il mondo.

 

Che cos’è la Nuova Via della Seta?

Innanzitutto non si tratta di una sola “via della seta”. Volendo utilizzare il nome del progetto in italiano sarebbe corretto parlare di “Nuove Vie della Seta“, al plurale. Le rotte sono infatti cinque, tre terrestri e due marittime, e potrebbero presto diventare sei. La Belt and Road Initiative (Bri), il nome internazionale del progetto, è un piano annunciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping per migliorare i collegamenti commerciali con i paesi dell’Eurasia, sviluppando sulla sua strada non solo binari ma veri e propri centri di connessione economici (e diplomatici). Da un primo stanziamento di 40 miliardi di dollari, durante il forum Bri del 2017 è stato annunciato un ulteriore stanziamento di 100 miliardi. Nell’ottobre del 2017 la Bri è stata inclusa nella costituzione cinese. E’ considerato il più grande progetto infrastrutturale e di investimenti della storia. Coinvolge al momento 68 paesi e circa il 65% della popolazione mondiale.

 

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Economia e lavoro, Società e politica, Società e politica internazionale

VIA DELLA SETA, IL TESTO DELL’INTESA TRA L’ITALIA E LA CINA: LA TRADUZIONE IN ITALIANO E VERSIONE INGLESE

 

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Rapporti Italia-Cina, Mattarella con Xi Jinping (LaPresse, 2019)

 

 

Già 13 i Paesi dell’Ue che hanno siglato un memorandum di intesa con la Cina, mentre un altro, oltre all’Italia, lo sta negoziando. Si tratta di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. Lussemburgo è invece in trattativa

di Rita Baldassarre (traduzione)

 

DOCUMENTO D’INTESA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE SULLA COLLABORAZIONE ALL’INTERNO DEL PROGETTO ECONOMICO “VIA DELLA SETA” E DELL’INIZIATIVA PER LE VIE MARITTIME DEL XXI° SECOLO

 

Il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica popolare cinese (d’ora in poi denominati “controparti”), nella prospettiva di promuovere una collaborazione pratica bilaterale; nell’accogliere favorevolmente le conclusioni del Forum sulla cooperazione internazionale della Via della Seta, tenutosi a Pechino nel maggio 2017; nel riconoscere l’importanza e i benefici derivanti da una migliorata connettività tra l’Asia e l’Europa e il ruolo che l’iniziativa della Via della Seta può svolgere in questo ambito; ricordando il comunicato congiunto emanato dalla Tavola rotonda dei capi di stato del Forum per la collaborazione internazionale della Via della Seta; ricordando il piano di azione per il rafforzamento della collaborazione economica, commerciale, culturale e scientifica tra l’Italia e la Cina 2017-2020, stipulato a Pechino nel maggio 2017; ricordando il comunicato congiunto emanato dal 9° Comitato intergovernativo Italia-Cina, tenutosi a Roma il 25 gennaio 2019, e l’impegno espresso in quella sede per promuovere il partenariato bilaterale in uno spirito di rispetto reciproco, uguaglianza e giustizia, a reciproco beneficio, nella prospettiva di una solidarietà globale rafforzata; consapevoli del passato storico comune sviluppato attraverso le vie di comunicazione per via di terra e di mare che collegano Asia e Europa e del ruolo tradizionale dell’Italia come punto di approdo della Via della Seta marittima; ribadendo il loro impegno a onorare i principi e le finalità della Carta delle Nazioni Unite e promuovere la crescita inclusiva e lo sviluppo sostenibile, in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici; ricordando inoltre gli obiettivi fissati dall’Agenda strategica per la collaborazione Unione Europea-Cina 2020, e i principi guida della Strategia dell’Unione Europea per collegare Europa e Asia adottata nell’ottobre 2018; hanno raggiunto la seguente intesa:

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Persone e personaggi, Storia e arte

LEONARDO DA VINCI SVELATO IL MISTERO: ECCO CHI ERA LA VERA MADRE

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Si chiamava Caterina di Meo Lippi ed era una ragazza povera e orfana la madre di Leonardo da Vinci (1452-1519), che lo dette alla luce poco più che sedicenne: l’identità è stata svelata dallo storico dell’arte inglese Martin Kemp, professore dell’Università di Oxford, tra i maggiori conoscitori dell’opera del genio del Rinascimento, e dal ricercatore Giuseppe Pallanti, autori del libro di imminente pubblicazione dal titolo “Mona Lisa: The People and the Painting” per la Oxford University Press.

 

Gli studiosi hanno individuato a Vinci (Fi) anche l’ubicazione della ‘Casa in Borgo‘ di proprietà del nonno Antonio prima e del padre Ser Piero poi come sicuro luogo in cui Leonardo trascorse l’infanzia a Vinci e possibile luogo di nascita del futuro artista.

 

Nel saggio i due autori illustrano le scoperte frutto di un lungo studio degli antichi documenti trovati negli archivi storici toscani: la Biblioteca Leonardiana, l’Archivio storico comunale e l’Archivio parrocchiale della Chiesa di Santa Croce a Vinci. Il volume di Kemp e Pallanti sarà presentato in anteprima italiana il 13 giugno prossimo a Vinci presso la Biblioteca Leonardiana.

 

“L’identità della madre di Leonardo è stata a lungo materia di speculazione. Alcuni hanno sostenuto che Caterina fosse una schiava d’oltremare. Il luogo esatto della sua nascita è sempre stato molto incerto, sebbene la tradizione l’abbia identificato con la casa natale in Anchiano – affermano Kemp e Pallanti – Adesso, attraverso i documenti pubblicati nel nostro libro, possiamo sostenere ragionevolmente che la madre di Leonardo può essere identificata con una povera ragazza di 16 anni, di nome Caterina di Meo Lippi“.

 

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Alimentazione e gastronomia, Persone e personaggi

LEONARDO DA VINCI, IL GENIO PER MANTENERSI A BOTTEGA FACEVA IL CUOCO E IL RISTORATORE

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Il  cuoco  e ristoratore Leonardo da Vinci ….  un aspetto poco conosciuto della sua vita

 

 

Pochi sanno che Leonardo da Vinci ebbe per tutta la vita una passione incondizionata per la cucina. Innovatore, sperimentatore in questo campo come in mille altri, Leonardo fu per più di trenta anni Gran Maestro di feste e banchetti alla corte degli Sforza, a Milano

 

Da ragazzo lo prendevano in giro e lo chiamavano «ciccione». Si strafogava di dolci che il suo patrigno Antonio Buti (conosciuto come ‘Accattabriga’), e che aveva sposato sua madre Caterina di Meo Lippi, pasticciere, gli aveva anche insegnato a preparare. Poi dimagri ma per tutta la vita Leonardo Da Vinci restò più interessato al cibo che ai valori spirituali e all’arte.

 

Aveva diciassette anni Leonardo quando il padre lo mandò a Firenze come garzone di bottega dal Verrocchio, lo scultore, pittore, ingegnere, orafo, matematico presso il cui studio c’era come apprendista anche Sandro Botticelli, di cui diverrà amico. Qui non si praticava solo la pittura, ma veniva insegnato anche il disegno, la scultura, l’intaglio, un po’ di meccanica e di ingegneria ed anche i rudimenti di architettura.   Pur essendo un allievo curioso e diligente,  continuava passava il tempo mangiando i dolci che il patrigno pasticciere gli mandava, tanto da essere ancora soprannominato dai compagni di bottega il “ciccione”. Verrocchio decide di punirlo per il suo continuo rimpinzarsi e per tenerlo occupato gli affida la realizzazione del pannello di destra del Battesimo di Cristo, commissionato al Verrocchio, per la chiesa di San Salvi.

 

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Spiedo automatico, girevole, macchina per gli spaghetti, mannaia per il macello delle vacche.

 

Per compensare gli scarsi introiti derivanti dai rari incarichi che il Verrocchio gli affidava, la sera va a lavorare come cameriere alla Taverna delle Tre Lumache sul Ponte Vecchio a Firenze tra il 1472 e il 1478.

Qui avvenne una svolta alla sua vita poco conosciuta, aveva 21 anni quando da cameriere viene promosso cuoco, a seguito della misteriosa morte per avvelenamento di tutti i cuochi delle Tre Lumache.

In qualità di capo cuoco, decide di “civilizzare” le pietanze servite. Basta scure polente di miglio e farro con sughi di carne di difficile identificazione e maleodorante.

Con 5 secoli di anticipo Leonardo inventa e serve ai commensali ciò che oggi viene chiamata “nouvelle cuisine” [piccole porzioni accompagnate da minuscole deliziose formine intagliate nella polenta indurita, il tutto sistemato ad arte nel piatto].

Leonardo per salvare la pelle dalle proteste dei clienti della taverna è costretto a scomparire dalla circolazione e a rifugiarsi nella bottega del Verrocchio a lavorare al Battesimo di Cristo.

Nell’estate del 1478, in seguito ad una lite fra bande fiorentine rivali, la famosa Taverna delle Tre Lumache prende fuoco. Leonardo, col suo amico Sandro, la rileva e apre la Taverna delle Tre Rane ma non ottiene il successo sperato, il bel mondo fiorentino non apprezza le quattro fettine di carota e un’acciuga, benché sistemate ad arte sul piatto piuttosto che gli antipasti veloci come cipolla lessa adagiata su una fettina di formaggio di bufala e sormontata da un’oliva nera denocciolata a spicchi, inoltre Botticelli si lamentava che nessuno capiva i menu scritti da destra a sinistra arricchiti da disegni incomprensibili.

 

L’esperienza alla Taverna delle Tre Rane lo porta ad iniziare a scrivere la prima parte delle sue note, quello che diventerà poi il Codice Atlantico, ed è sorprendente notare come molti dei disegni allegati, saranno interpretati per quasi 400 anni come macchine da guerra. In realtà erano tritacarne, lavatrici, schiaccianoci meccanici, centrifughe ed attrezzature di fantasia inutilizzabili.

 

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Cappa aspirante

 

Nel 1482 Leonardo va a Milano alla corte degli Sforza.  

La lettera di presentazione al Moro è sorprendente per l’immodesta sfacciataggine con cui si autoreferenza: “Io non ho rivali nel costruire ponti, fortificazioni e catapulte; e anche altri segreti arnesi che non ardisco descrivere su questa pagina. La mia pittura e la mia scultura reggono il confronto con quelle di qualunque altro artista. Eccello nel formulare indovinelli e nell’inventare nodi. E faccio delle torte che non hanno uguali.”   Alla fine Leonardo lascia la Sala delle Udienze in qualità di consigliere del Moro alle fortificazioni militari e Gran Maestro di feste e banchetti alla corte degli Sforza.

 

Il dipinto più grande di Leonardo coinciderà con l’interesse preferito: il cibo.

Ironia della sorte, trascorse tre anni della sua vita più a tergiversare e a mangiare nel convento di Santa Maria delle Grazie che a lavorare per realizzare la sua “Ultima Cena”, sulla parete di fondo del refettorio. A Milano inizia a mettere ordine ai suoi appunti, l’ambiente milanese è ricco di spunti e stimolante, ricco e mondano, attratto dai lussi e dai decori, ideale per la sua personalità. Alla fine il Codice Atlantico risulterà strutturato in 12 volumi composti da 1119 fogli suddivisi in diversi argomenti, molte pagine sono scritte da sinistra a destra, quindi sapeva scrivere in entrambi i modi e con entrambe le mani. Purtroppo alla corte del Re di Francia non riuscirà a completare l’opera. Era ossessionato dal visualizzare il suo pensiero, le sue osservazioni attraverso appunti e disegni ma ne era geloso, quindi per tutelarsi scriveva da destra a sinistra. Aveva l’abitudine di ripetere “un’immagine vale più di mille parole”.

 

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Il primo prototipo di frullatore e il brevetto per la cappa aspirante.

 

Oggi possiamo scoprire la grande passione che ha avuto per la cucina, per il cibo e per come conservarlo o cucinarlo. Non ci sono arrivate prove certe che fosse veramente vegetariano ma lo si deduce dalle numerose teorie che nascono da affermazioni come: “Verrà il tempo in cui l’uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l’uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto.”   “Se una mucca non mangia nient’altro che erba, e se una pecora non mangia nient’altro che erba ed entrambe sopravvivono, e se io mangio la mucca e la pecora senza alcun effetto nocivo, perché non potremmo noi tutti mangiare soltanto erba?”  Comunque a quei tempi scegliere di mangiare verdure o carne era una questione economica, i poveri, non potendo permettersi la carne tutti i giorni, avevano una dieta a base di verdure.

 

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La macchina per spaghetti di Leonardo , disegno tratto dal Codice Atlantico.

 

La cucina perfetta.

Definisce le regole per avere una cucina sempre pronta ed in ordine: un fuoco sempre acceso, il pavimento sempre pulito e lavato tutti i giorni, una riserva d’acqua sempre bollente, macchine per lavare, tritare, affettare, pelare e tagliare, una cappa aspirante per eliminare dalla cucina i cattivi odori ed avere un’aria gradevole e senza fumo. E poi considerava la musica fondamentale per far lavorare il personale al meglio. Tra appunti e disegni di anatomia, di meccanica e geometria, scopriamo disegni e progetti di strumenti  [gli elettrodomestici ante litteram] che avrebbero dovuto agevolare il lavoro in cucina come un macinapepe o un affetta uova a vento o un girarrosto meccanico, c’è pure l’antenato del cavatappi. Studiò perfino un sistema per tenere sempre calde le pietanze già cotte.

 

Richiami all’igiene e  le perfette caratteristiche di un buon pasticcere:

Un buon pasticcere   «Prima di tutto essere un uomo, poiché la delicatezza femminile non è adatta a sollevare grandi forme di marzapane».  Un buon pasticcere avrebbe dovuto essere pulito e lindo, “poiché per coloro che si accingono a gustare i suoi dolci, nulla è più repellente di un pasticcere sporco o con i capelli lunghi, per il fatto che potrebbero essergli caduti nell’impasto”.

 

Sulle capre in cucina

Avendo scoperto che era consuetudine dei cuochi avere vicino alla cucina un ripostiglio dove tenere delle capre, così si esprimeva al riguardo:   “Nella mia cucina non avrò uno stanzino per le capre. Da vive, puzzano e rosicchiano ogni cosa, compresi il mio tavolo e la mia seggiola. Da morte, puzzano ancora di più. Per eliminare la puzza di capra è necessario eliminare le capre.

 

Coperchi per le pentole.  

«Ogni volta che si mette una pentola sul fuoco, è necessario coprirla con alcuni teli umidi di lino, che devono essere cambiati spesso per evitare che il fumo sia assorbito dal contenuto della pentola (e ne alteri il sapore). È così da centinaia di anni. Ora io mi chiedo, non si potrebbe inventare un coperchio permanente, indistruttibile come la pentola stessa, sempre reperibile, che non abbia bisogno di essere sostituito in continuazione? Farò un progetto».   Non ci è giunta notizia che l’abbia realizzato. In compenso fa una considerazione sull’uso dei coperchi nelle cucine sforzesche: “Tutte le casseruole del mio Sire sono già dotate di coperchi che per molti anni però sono stati usati male dagli sguatteri delle cucine, a detrimento di tutti i cuochi, che li hanno deformati a furia di sbatterli contro le mura del castello, dove si riuniscono ogni notte per gridare e ballare al suono di quella che loro definiscono musica. Ne ho abbastanza, ogni sguattero dovrà riportare il suo coperchio o non lavorerà più in queste cucine.”

 

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Ed ecco introdotto il coperchio.

 

Galateo a tavola.  Icomportamenti sconvenienti al tavolo del mio Signore

Dopo aver osservato per un anno i comportamenti degli ospiti alla corte degli Sforza, scrive le regole di bon ton.

< Nessun ospite dovrebbe sedersi sul tavolo, e neppure con la schiena appoggiata al tavolo, tanto meno in braccio a qualche altro ospite, né dovrebbe mettere i piedi sul tavolo.

Nessun ospite dovrebbe prendere il cibo dal piatto del vicino, come non dovrebbe mettere ‘spiacevoli bocconi mezzo masticati’ nel piatto del vicino senza prima chiedergli il permesso.   Il coltello non va pulito sulla tovaglia del vicino né può essere usato per incidere il tavolo.  

Nessun ospite dovrebbe pulirsi l’armatura a tavola.  

Nessun ospite dovrebbe prendere il cibo dal tavolo per nasconderselo in borsa o negli stivali per mangiarselo poi, nessun ospite dovrebbe dare morsi alla frutta per poi rimetterla mangiucchiata nella fruttiera.

Nessun ospite dovrebbe sputare davanti a sé e nemmeno accanto a sé.

Nessun ospite dovrebbe pizzicare o leccare il vicino, tirare su col naso né dare gomitate.

 Nessun ospite dovrebbe mettersi le dita nel naso durante la conversazione né far roteare gli occhi né fare smorfie paurose, né fare modellini con la polenta o la mollica, né accendere fuochi, né stringere nodi a tavola, sempre che non lo chieda il mio Signore.

Nessun ospite dovrebbe fare allusioni lascive ai paggi del mio Signore, e nemmeno trastullarsi con loro.

Nessun ospite dovrebbe suonare alcun strumento che possa infastidire il suo vicino, sempre che non lo chieda il mio Signore, come cantare, parlare a voce alta, gridare o fare indovinelli come un ribaldo se c’è una signora accanto a lui.

Nessun ospite dovrebbe tramare a tavola, sempre che non sia d’accordo col mio Signore.  

Nessun ospite dovrebbe colpire gli inservienti, purché non sia per legittima difesa.

E se deve vomitare, che lasci la tavola, parimenti se deve orinare. >

 

Il cetriolo.

 Al riguardo Leonardo si diverte ricordare: “Il cetriolo può essere mangiato crudo, senza buccia e semi, ma anche stufato. Per quanto mi riguarda, tutto quello che chiedo è un cetriolo in salamoia.  Eppure ci sono persone che lo impiegano solamente come decorazione e altre che ne fanno un uso ancora più strano, come Elena Bastibari che è stata bruciata al rogo per essersi trastullata con un cetriolo. Per il mio Signore è un lassativo d’eccezione, mentre la mia Signora Beatrice ne ordina sei a notte per strofinare sulla pelle del viso la gelatina che sta attorno ai semi.

 

Leonardo da Vinci suggeriva per conservarsi in salute: “Se voi star sano, osserva questa norma: non mangiar sanza voglia e cena leve, mastica bene e quel che in te riceve sia ben cotto e di semplice forma. Chi medicina piglia, mal s’informa. Guarti dall’ira e fuggi l’aria grieve; su diritto sta, quando da mensa leve; di mezzogiorno fa che tu non dorma. El vin sia temperato, poco e spesso, non for di pasto né a stommaco voto. Non aspettar, né indugiare il cesso. Se fai esercizio, sia di picciol moto. Col ventre resuppino e col capo depresso non star, e sta coperto ben di notte. El capo ti posa e tien la mente lieta. Fuggi lussuria e attienti alla dieta”.

 

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Girarrosto azionato ad aria calda.

 

CARABACCIA. La zuppa di cipolle

La leggenda vuole che uno dei suoi piatti preferiti fosse la “Carabaccia”, l’attuale Zuppa di cipolle. Il nome carabaccia deriva dal greco “karabos” e significa barca a forma di guscio. Dal concetto di guscio si è poi passati al concetto di zuppiera e quindi di zuppa.

Ingredienti: Cipolle, olio extra-vergine di oliva, brodo di carne, pane abbrustolito, grana, sale e pepe.

Preparazione:

Pulite e tagliate delle cipolle a fettine sottili e mettetele in un recipiente di terracotta a rosolare con dell’olio d’oliva. Cuocere lentamente a recipiente coperto per mezz’ora, avendo cura di aggiungere un paio di cucchiai d’acqua. Salate, pepate, versate abbondante brodo e continuate la cottura a recipiente scoperto per un’altra mezz’ora. Mettete nelle scodelle di portata alcune fette di pane abbrustolito e versateci sopra la zuppa ottenuta.

Prima di gustare la carabaccia, informaggiatela bene e aspettate qualche minuto.

 

L’acquarosa, bevanda del Genio

Da Vinci ha firmato anche un’inedita bevanda. La ricetta è descritta al foglio 482 recto (ex 177 recto-a) del Codice Atlantico ed è databile agli ultimi anni di vita dell’artista-scienziato, attorno al 1517. Recentemente, dopo 485 anni, è stata riprodotta per la prima volta al Museo Ideale Da Vinci. “L’Acquarosa di Leonardo”, spiega Alessandro Vezzosi, direttore del museo, è stata ottenuta in base ad una precisa descrizione della bevanda negli ingredienti (estratto di acquarosa, zucchero, limone e poco alcool) e nel sistema di filtraggio (colati in ‘tela bianca’); doveva essere servita ‘fresca’ e Leonardo la definisce bibita estiva per i Turchi (‘è bevanda di Turchi la state’). L’incredibile acume di Leonardo, i suoi studi che anticiparono i tempi, le invenzioni che precedettero di secoli il momento della loro diffusione non potevano non lasciare tracce. Nemmeno in cucina e nei cenacoli

 

Zuppa di agrumi.

Per la quale è sufficiente spremete gli agrumi e mescolare il succo ottenuto con l’uovo sbattuto e il brodo.

 

Antipasti veloci

Nei suoi scritti sono stati recuperate idee di antipasti veloci come la cipolla lessa di medie dimensioni adagiata su una fettina di formaggio di bufala e sormontata da un’oliva nera a spicchi, oppure tre fettine di carota cruda ognuna scolpita a forma di cavalluccio marino, con sopra un cappero e una goccia di pasta d’acciughe accanto.

 

Le proprietà di alcune verdure

Ci ha inoltre descritto le proprietà di alcune verdure come la rapa, il consumo della quale, assieme ai cavoli, può rendere buona una digestione lenta «dacché ho visto una capra ammalata ridestarsi, e una mucca morente tornare a vivere allegramente» e i benefici di una zuppa con questi ortaggi, preparata avvolgendo in un telo le cime di rapa e le foglie di cavolo e legando il fagotto con alcuni crini di cavallo, mettendoli poi in acqua salata a bollire per circa mezz’ora.

 

 

Dominio potere e violenza, Giustizia Iniquità e legulei, Società e politica, Società e politica internazionale, Storia moderna e revisionismo

IL GIALLO INTERNAZIONALE DI ARGO16. QUELL’INCIDENTE DI 45 ANNI FA CHE POTEVA CANCELLARE MARGHERA E MESTRE

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I resti di Argo 16

 

Argo16, il caso che coinvolse SID/SISMI, Mossad e i servizi segreti libici

 

Quell’incidente di 43 anni fa poteva cancellare Marghera e Mestre. SID/SISMI, Mossad e i servizi segreti libici risultarono coinvolti. Mandanti e cause ancora avvolti dalle nebbie della laguna.

La tragedia di Argo16 senz’altro avrebbe potuto cambiare il futuro dell’Italia intera e la geografia di Venezia-Mestre/Porto Marghera, ma quanti Veneziani e Veneti si ricordano di quella tragedia e dell’apocalisse sfiorata?

 

Ho cercato di mettere assieme quei fatti pescando dalle cronache di allora e dalla memoria personale (allora abitavo a una decina di km dal disastro).Onestamente non ricordo come i media descrissero la drammaticità di quegli eventi e delle conseguenze evitate per puro caso, come non correlandoli al fatto che erano avvenuti una settimana dopo la fine della guerra del Kippur e dell’accordo tra Italia e Arafat (lodo Moro). Inoltre le proteste di tutti lavoratori di Porto Marghera che chiedevano la chiusura del deposito di fosgene furono fatte passare per normali rivendicazioni salariali.Se fosse esploso, qualche decina di migliaia di mestrini e veneziani non potrebbero ricordare quel fatto. Per gli effetti scampati, provate pensare alla tragedia di Bhopal in India del 1984 dove morirono direttamente e indirettamente circa 15.000 persone per la fuoriuscita di isocianato di metile che si ricava industrialmente dalla reazione fra metilammina e fosgene.Purtroppo, per il segreto di Stato, il quadro d’insieme è ancora avvolto dalla nebbia.Ho tentato di ricostruire gli scenari degli anni ‘70 e ‘80 in cui l’Italia venne coinvolta nei fatti terroristici degli arabi medio-orientali, tuttavia ai quei tempi pochissimi giornalisti erano riusciti a dimostrare i collegamenti esistenti.

 

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Cultura Verona, Storia e arte - Verona

L’ORIGINE REMOTA DEL CARNEVALE VERONESE

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Papà del Gnoco

 

L’origine remota del Carnevale Veronese secondo le teorie del grande studioso scaligero Umberto Grancelli, fautore del grande testo sulla rinascita e rifondazione della città “nova” di Verona; voluta dal nascente Impero Romano e attuata sotto precisi dettami esoterici.

 

IL CARNEVALE VERONESE

 

Non è fuor luogo ammettere che il Carnevale Veronese trovi le sue origini nelle antiche corse dei Palio, sancite dallo Statuto Albertino e che trovano magistrale eco nel canto XV dell’Inferno della Divina Commedia. “E parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro quelli che vince, non colui che perde”Narra la tradizione, riportata dagli storici dell’umanesimo, che Ezzelino, dopo aver vinto la fazione dei Sanbonifacio, rientrò a Verona nella prima domenica di Quaresima del 1208 con entusiasmo e con giostre e tornei; si stabilì che ogni anno si corresse il Palio, al quale per rinnovati trionfi accorrevano molti onorati cavalieri e nobilissime dame da molte parti d’Italia.

 

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Architettura e urbanistica, Monolandia, Religione Chiesa Cattolica

DIO È ALTROVE….LA DERIVA DELL’ARCHITETTURA SACRA MODERNA

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La chiesa di Palù appena ristrutturata in provincia di Verona! L’orribile senza storia nella Bassa Veronese.

 

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La vecchia chiesa restaurata per altri usi  dopo essere stata lasciata nell’abbandono per 30 anni

 

DIO È ALTROVE

 

Le Chiese costruite dalle archistar fanno schifo, e Dio è traslocato altrove. Un saggio corrosivo di Angelo Crespi …

 

Costruito da dio. Perché le chiese contemporanee sono brutte e i musei sono diventati le nuove cattedrali”

 

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 Nuova Chiesa di San Paolo a Foligno, Foligno

 

“Chiediamoci: queste chiese sono davvero orrende? Se sul bello oggettivo molti nicchiamo, convinti che il nostro personale gusto sia imprescindibile nel valutare una cosa, sul brutto oggettivo ci troviamo d’accordo. Se una cosa è brutta spesso lo è in modo oggettivo e totalmente irredimibile. Tralasciamo per clemenza le chiese di periferia frutto delle scarne linee guida della Cei e progettate da oscuri architetti, e concentriamoci invece sulle elaborazioni delle archistar che hanno misurato il proprio ingegno anche nel campo del sacro. Edifici che – spesso in opposizione, spesso in ossequio alla disciplina postconciliare – sono o anonimi e cheap, oppure magniloquenti nella “ricerca forzata della monumentalità”, oppure frutto di mera esibizione strutturale, ma il risultato non cambia.

 

La chiesa del Santo Volto a Torino, disegnata da Mario Botta, è stata consacrata nel 2006. È un edificio a pianta centrale di dodicimila metri quadrati con sette torri perimetrali alte trentacinque metri, tutto in pietra rossa nel tipico stile dell’architetto svizzero.

 

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Pensieri e parole

L’UMILTA’ NON FA RUMORE…

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Camminavo con mio padre, quando all’improvviso si arrestò ad una curva e dopo un breve silenzio mi domandò:   “Oltre al canto dei passeri, senti qualcos’altro?”

 

Aguzzai le orecchie e dopo alcuni secondi gli risposi:  “Il rumore di un carretto”.

 

“Giusto – mi disse -. È un carretto vuoto”.

 

Io gli domandai:  “Come fai a sapere che si tratta di un carretto vuoto se non lo hai ancora visto?”.

 

Mi rispose:  “E’ facile capire quando un carretto è vuoto, dal momento che quanto più è vuoto, tanto più fa rumore”.

 

Divenni adulta e anche oggi quando vedo una persona che parla troppo, interrompe la conversazione degli altri, è invadente, si vanta delle doti che pensa di avere, è prepotente e pensa di poter fare a meno degli altri, ho l’impressione di ascoltare la voce di mio padre che dice:

Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore”.

 

Fonte: da bacheca.chatta.it del  6 marzo 2015

Link: http://bacheca.chatta.it/diva62/i6x59t5z/default.aspx

 

 

Economia e lavoro, Società e politica

ANCHE UMILIATO, MIO PADRE OPERAIO ODORAVA DI DIGNITÀ

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“Ero tornato da poche ore, l’ho visto, per la prima volta, era alto, bello, forte e odorava di olio e lamiera.

 

Per anni l’ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della Fabbrica.

 

L’ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo.

 

L’ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie.

 

L’ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli permetteva di farmi frequentare l’università.

 

L’ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per ogni ora di lavoro.

 

L’ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.

 

Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l’età lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire che la modernità richiede di tornare indietro.

 

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Dominio potere e violenza, Economia e lavoro, Società e politica

COME SI DOVEVA LAVORARE PER MORIRE A MARGHERA (1917-2017)

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Oggi l’ambientalismo è un argomento che coinvolge tutti. Le manifestazioni di inciviltà sono all’ordine del giorno: dalla scoperta di discariche abusive di rifiuti tossici alla discarica urbana lungo le strade con tutto ciò che riempiva cantine e soffitte.

Tra tutti quelli che parlano di salvaguardia dell’ambiente quanti sono quelli che conoscono i disastri che l’uomo ha fatto progettando gli insediamenti industriali, come quelli di Marghera, con lo sconvolgimento di un territorio delicato a cavallo tra laguna e terraferma, solo per il potere e per arricchimento in nome del progresso.

E’ vero che, alla fine del 1800, il futuro economico di Venezia si trovava ad un bivio. O rimanere in laguna e morire per mancanza di spazi e soccombere all’incalzante sviluppo tecnologico/industriale che avveniva nel nord Europa abbinato al tramonto degli scambi con il Medio Oriente, oppure lasciare la laguna per tentare la strada della terraferma (sarebbe stata la prima volta negli oltre mille anni della sua storia che Venezia usciva dall’isolamento garantito dall’acqua).

Senza entrare nel merito delle origini delle società finanziarie e delle componenti politiche che avviarono il processo di insediamento e di sviluppo, mi permetto raccontare quello che successe sulla base delle memorie familiari, delle cronache del tempo e delle notizie trovate in occasione del centenario della sua fondazione. Diventa fondamentale non perdere le memorie sulle condizioni di lavoro a cavallo delle due guerre mondiali.

 

Alla MONTECATINIFERTILIZZANTI  l’operazione di riempire i sacchi del concime veniva dato in appalto a ditte esterne essendo considerata pericolosa per i dipendenti.

 

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