Cultura varia, Persone e personaggi, Scuola e istruzione

MARILYN MONROE DISSE AD EINSTEIN

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Si dice che Marilyn disse a Einstein, con una franchezza incantevole: “tu ed io potremmo avere un figlio: nascerebbe con la mia bellezza e la tua intelligenza”.

A ciò che il padre della relatività e della bomba atomica ha risposto: “Forse nascerebbe con la mia bellezza e con la tua intelligenza”.

Ancora non si sapeva,(i test sono stati fatti più tardi) che il QI di Marilyn Monroe era di 165, cinque punti sopra il “maggiore genio di tutti i tempi”.

Marilyn Monroe (Norma Jeane Baker, 1926-1962) era una grande lettrice. Aveva a casa una biblioteca con circa mille libri. Passava molte ore a leggere opere di letteratura, poesia, teatro, filosofia, perché il suo spirito, oltre a tanta voglia di vivere, era di insaziabile curiosità e fame di conoscenza.

Cultura varia, Scuola e istruzione

CALLIGRAFIA

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Vi ricordate il corsivo? Vi siete mai chiesti perché oggi non s’insegna più i ragazzi a scrivere in corsivo? E no, non è un caso che si tenda ad usarlo sempre meno.

Scrivere in corsivo vuol dire tradurre il pensiero in parole; ti obbliga a non staccare la mano dal foglio. Uno sforzo che stimola il pensiero, che ti permette di associare le idee, di legarle e metterle in relazione. Non a caso la parola corsivo deriva dal latino «currere», che corre, che scorre, perché il pensiero è alato, corre, s’invola. Scrivere in stampatello invece vuol dire, a detta degli psicologi dello sviluppo, «spezzettare il pensiero, sezionarlo in lettere, negare il tempo e il respiro della frase.» 

Naturale che il corsivo non abbia più posto nel mondo di oggi, un mondo che fa di tutto per rallentare lo sviluppo del pensiero, per azzopparlo. Pensate che il corsivo nacque proprio in Italia e poi si diffuse in tutto il mondo. Perché? Perché era una scrittura compatta, elegante, chiara. 

Ma la nostra è una società che non ha più tempo per l’eleganza, per la bellezza, per la complessità; abbiamo sinteticità ma non chiarezza, rapidità ma non efficienza, informazioni ma non conoscenza! Sappiamo troppo e troppo poco perché non siamo più in grado di mettere in relazione le cose. La gente non sa più pensare. Non sa più costruire un discorso. Ricordate quando alle elementari la maestra vi chiedeva di scrivere dei “pensierini”? Fanno tenerezza, nella loro disarmante semplicità, i primi temi scritti dai bambini, almeno quando sono i bambini a farlo. 

Pensierini, frasi ad effetto e slogan creati ad hoc per manipolare e stupire, ma certamente non per far pensare: ecco a cosa si è ridotta la cultura, l’informazione! Per questo bisognerebbe tornare a scrivere in corsivo, soprattutto a scuola. 

Perché qua non si tratta soltanto di recuperare uno stile di scrittura, ma di tornare a dare respiro ai nostri pensieri. 

Tutto ciò che ci fa vivere, che nutre l’anima, che sostiene lo spirito, è legato al respiro. Senza respiro, dicevano gli antichi greci, non c’è pensiero. E senza pensieri non c’è vita. 

Se sia importante o no, lo lascio decidere a voi.

Professor X

Cultura varia, Scuola e istruzione

LA SCRITTURA IN CORSIVO È LA BASE DELL’UMANITÀ, LA PAROLA

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“La scrittura in corsivo è la base dell’umanità, la PAROLA: stampato e tastiere da computer deprivano il bambino. A scrivere si impara scrivendo”.

Intervista a Piero Crispiani

Siamo sempre stati sostenitori della scrittura corsiva. È, inutile ribadirlo, ma lo sottolineammo, nuovamente, per correttezza: la scrittura creativa è il modo migliore affinché tutti pensino in modo diverso. 

Perdere la scrittura manuale e in corsivo fa parte di una maggiore spinta sociale a diminuire l’espressione di sé attraverso le arti. Perché il corsivo è, indubbiamente, un’espressione artistica del sé, una rappresentazione del sé nel mondo. Ne parliamo con un’autorità nel settore, il professore Piero Crispiani (Professore Onorario Università di Macerata e Professore Straordinario Link Campus University di Roma) che da anni è uno dei più convinti assertori dell’indispensabilità del corsivo per la formazione completa dell’individuo.

I motivi dell’importanza della scrittura in corsivo sui piani grafo motorio, semantico, del pensiero e della produzione sintattica

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Scuola e istruzione

L’UNIVERSITÀ ITALIANA È LA FABBRICA DEI “PARASSITI PER IL SOCIALE”

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di MATTEO BERINGHI

Ho assistito ad un dialogo tra studenti di una facoltà di architettura, mentre discutevano di un progetto.

Uno di questi illustrava la filosofia del progetto e ad un certo punto se ne esce con una frase illuminante (poi spiegherò perché questo aggettivo): “Dobbiamo fare in modo di prelevare il 15% del profitto del costruttore e di riutilizzarlo per opere di impatto altamente sociale”. Tra me e me subito mi sono posto una serie di domande:

  • – L’opera in sé non dovrebbe già essere di un qualche impatto sociale?
  • – Perché prelevare ancora soldi dal profitto del costruttore?
  • – Il premio per il rischio d’impresa non deve esistere?
  • – Non sai mio, caro studente, che di quel 15%, l’impresa pagherà il 70% (almeno) di tasse e quindi al costruttore rimarrà il 4,5%?

La frase, definita precedentemente illuminante, mi ha chiarito il futuro dell’Italia. 

Tutto d’un tratto mi sono sentito all’interno del film “Terminator”, quando in numerose scene si vedono robot che costruiscono robot, i quali sono destinati ad uccidere i pochi esseri umani sopravvissuti alla guerra.

Purtroppo le idee dello studente citato non sono un caso isolato. 

Le università italiane stanno forgiando studenti orientati al più becero collettivismo (il fatto che Landini sia considerato un maitre a penser per la stampa italiana è emblematico) più sfrenato (non di certo al capitalismo senza regole)  e circolano in modo massiccio ed incontrastato idee contro il profitto, contro il guadagno che viene visto peggio del vaiolo o dell’ebola e quindi da estinguere. Questi sarebbero i giovani, il futuro dell’Italia. Nel frattempo, i loro docenti fanno la cosa che riesce meglio agli statali, non lavorare: “In 79 atenei scatta il boicottaggio del primo appello della sessione autunnale contro il blocco degli scatti salariali”.

Fonte. srs  di Matteo Berighi, da Miglioverde 

Link: https://www.miglioverde.eu

Cultura varia, Scuola e istruzione

LA PERDITA DEL RICCORDO

la migliore aula del mondo

La migliore aula del mondo

 

Ricordo quando mio nonno veniva a mangiare la domenica da noi, e io lo portavo alla finestra del balcone per mostrargli le nuvole all’orizzonte:

 

“Nonno pioverà”?

“None. Non sono nuvole di pioggia, quelle!”

 

Non ricordo una sola volta in cui il nonno mi abbia risposto che sì, sarebbe piovuto. E non si è mai sbagliato, perché la memoria di 70 anni passati a rompersi la schiena nelle campagne arse dal sole, in attesa di una pioggia che non arrivava mai, non lascia spazio a facili ottimismi. Nemmeno a 80 anni. E non si smette mai di essere contadini, nemmeno da pensionati.

 

Ne stanno morendo tanti, di pensionati e di nonni, in questi maledetti giorni di pestilenza. Perché il coronavirus si accanisce soprattutto su di loro, lasciando illesi i più giovani e affidando la sorte di chi sta in mezzo ad una tragica riffa tra chi ha un sistema immunitario virtuoso, e chi invece si scopre improvvisamente fragile.

 

Certi giornaloni, tuttavia, non si stancano mai di annunciare con malcelato sollievo che questo virus “ammazza soltanto i vecchi”, “soltanto i malati”. E poco importa se puoi ritrovarti ad annaspare a 50 anni, ché comunque giovane non sei. E ancor meno importa, che basta avere la pressione un po’ alta per ritrovarsi nell’elenco dei “malati”, di quelli che “non ce l’avrebbero fatta comunque”. Si percepisce la sgradevole sensazione che al virus venga riconosciuta una dignità che non merita, nel ruolo di facilitatore, di acceleratore di un processo tanto inevitabile, quanto in fin dei conti benvenuto. Largo ai giovani, no?

 

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Cultura varia, Regno delle Due Sicilie, Scuola e istruzione

IL SENSO DELLA SCUOLA

lettera

 

Questa mattina, appena sveglio, ho trovato una busta chiusa sul mio comodino e ne sono rimasto stupito. La grafia era quella di mio padre che riconosco a distanza…poi c’era anche la sua firma.
– Per Francesco, firmato Raffaele Latella.- Così era scritto sulla busta.
Stropicciai gli occhi e ne iniziai la lettura.

Caro Francesco,
ieri abbiamo fatto una bella ed istruttiva passeggiata e credimi ne sono stato felicissimo. Ne ho raccontato alcuni particolari a tua madre mentre tu eri già a letto e poi, non avendo sonno, mi è venuto in mente di scriverti questa mia lettera che ci renderà ancor più amici di quanto già noi siamo.

Volevo parlarti del significato e del senso della scuola che io pure ho frequentato fino all’università.

 

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Islam, Religione cristianesimo, Scuola e istruzione, Società e politica

LA SHARIA È ANTICOSTITUZIONALE, NON SI PUÒ INSEGNARE A SCUOLA CHE ISLAM È BONTÀ.

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L’UNICO DIO CRISTIANO E CATTOLICO E LA DIVINITÀ ISLAMICA: NULLA VI È IN COMUNE.

 

I 99 nomi di Allah

Chiariamo innanzitutto che Allah non è il nome arabo che corrisponde al Dio unico dell’ebraismo e al Dio Uno e Trino del cristianesimo. Allah era uno dei 360 idoli pagani preesistenti all’islam che Maometto ha monopolizzato, scegliendolo come unico dio da adorare ed escludendo gli altri 359 idoli, e ha personalizzato sostenendo che Allah rivelava solo a lui ciò che gli altri comuni mortali dovevano fare o non fare.

Chiariamo che Maometto non è stato un sant’uomo ma un predone del deserto, che negli ultimi dieci anni della sua vita, tra il 622 e il 632, fece un centinaio di razzie e guerre, a cui lui personalmente partecipò e in cui combatté, uccise, sgozzò e decapitò i suoi nemici, e fu particolarmente feroce con gli ebrei.

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Scuola e istruzione

C’ERA UNA VOLTA LA SCUOLA.

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Scuola di una volta

 

 

Quella viva, vera, quella che si chiamava elementare, perché quello che ci si faceva era, appunto, elementare, semplice.

 

Era una scuola pulita, colorata, allegra, con quel profumo tipico, misto di gesso, colla vinilica, carta e sapone. Sapeva appunto di scuola.

 

Era una scuola dove arrivavi col sorriso. Attaccavi i cartelloni senza paura che se fossi caduta ti beccavi una denuncia perché l’assicurazione non ne risponde. I mariti e gli amici delle maestre entravano senza problemi per portare gli scatoloni di libri, i nonni in pensione (si andava ancora in pensione) venivano a tinteggiare le pareti o a dipingere mobili di recupero con colori sgargianti, piantavano le erbe aromatiche nelle aiuole del cortile senza dover stilare progetti e dare un preventivo per fare gare d’appalto.

 

Festeggiavi qualsiasi cosa, compleanni, nascite, prime comunioni, si mangiava di tutto e in allegria, senza intolleranze ed allergie. Distribuivi caramelle, cioccolatini e fette di torte fatte in casa.

 

Ti fermavi fino a tardi per finire di correggere senza essere cacciati perché i bidelli dovevano chiudere e attaccare l’allarme, visto che le chiavi della scuola le tenevano anche le maestre.

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Scrivevi sulla lavagna di ardesia e compilavi registri di carta senza sentirti sfigato se non funziona la LIM o non c’è Internet.

 

Si andava a cena con i colleghi e a ricreazione si affettava il salame che portava il maestro e si faceva merenda con quello, perché non c’erano i distributori automatici. Il caffè lo faceva la bidella con la moka e te lo portava in classe, senza che fosse nel suo contratto di lavoro. In compenso se si usavano le tempere ti fermavi a pulire tu i banchi sporchi.

 

Era una scuola serena e se qualcuno si ammalava, i colleghi gli telefonavano per sapere come stava, non per sapere il suo orario per trovare le sostituzioni.

 

Perché se ti ammalavi nominavano le supplenti, non dividevano gli alunni nelle altre classi.

 

Questa era la scuola, la buona scuola.

 

Ora è solo un ricordo lontano, una favola da raccontare ai bambini di oggi, sempre che non siano impegnati a girare da una classe all’altra perché la loro maestra è ammalata.

 

Quanta nostalgia per tornare ad insegnare in una scuola così! Quella della nostra infanzia, per la quale vedendo le nostre maestre appassionate e colme di valori e personalità vere, autentiche, abbiamo deciso di seguire la loro strada-

 

Fonte: srs di Pina di Caprio, da Facebook  del 14 ottobre 2018

Link: https://www.facebook.com/groups/professioneinsegnante/permalink/1930598730387112/

 

 

Monolandia, Scuola e istruzione, Società e politica

OGGI HO CHIESTO AD ALCUNI LICEALI CHE PROTESTAVANO

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Oggi ho chiesto ad alcuni liceali che protestavano:

Io “Come mai tutto sto casino?”
– Una ragazza di 3^ “Perché Salvini è un fascista, anzi, no, è nazista.”
– Io “Perché dici che è nazista?”
– Lei “Perché non vuole mettere soldi alle scuole e arresta tutti i profughi.”
– Io “Ma Salvini NON si occupa di scuola e poi vuole arrestare solo i delinquenti.”
– Lei “Non è vero! Noi abbiamo bisogno di tutti i profughi perché se noi diventiamo dottori, chi coltiva la terra?

 

– Io “Come mai state scioperando?”
– Un ragazzo di 19 anni “Perché ci siamo rotto i coglioni di questi vecchi bacucchi della politica italiana.
– Io “Ma, veramente, i due ministri che state contestando sono giovanissimi e appena arrivati al governo.”
– Lui “A me che cazzo me ne frega, frate, qua dicono tutti così!”

 

– Io “come mai tutta sta mobilitazione?”
– Un altro ragazzo più giovane ” I proff. hanno detto che questi ministri sono incapaci e vogliono distruggere la scuola.”
– Io “Ma tu cosa ne pensi?”
– Lui “A me basta che saltiamo un giorno di scuola!
– Io “Ma sai, almeno, chi sono i ministri che contestate?”
– Lui “Come si chiama, quella lì, forse Fornero? No, aspetta… chiama alcuni amici e amiche in aiuto… la prima dice, “La Rossa no!“…

 

la seconda dice “No ma che cazzo dici, si chiamano Mattarella e quello scemo di Saviano.” (Saviano!?!)…

 

Ma il terzo è il più fenomenale… “Minchia raga, non sapete proprio un cazzo, è contro il governo e la BELDRINI (ha detto e ripetuto proprio BELDRINI) CHE CI STIAMO FACENDO SENTIRE.

 

AUGURI RAGAZZI

 

 

Fonte: da Facebook di Antonio  Settembrini del 12  ottobre 20018

Link: https://www.facebook.com/antonio.settembrini.10

 

Cultura varia, Scuola e istruzione

PERCHÉ È IMPORTANTE SCRIVERE A MANO?

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Per anni un semplice taccuino è bastato per essere organizzati al lavoro, ma con i recenti progressi tecnologici sempre più persone preferiscono prendere appunti su laptop e computer. Anche se memorizzare gli impegni sul computer sembra un metodo più efficiente, siamo sicuri che aiuti ad essere più organizzati?

 

Virginia Berninger, professoressa di psicologia dell’Università di Washington, spiega che scrivere a mano mette in moto le stesse regioni del cervello coinvolte nel pensiero, memoria e linguaggio, e dimostra che il cervello dei bambini che prediligono questo metodo è più attivo rispetto a chi scrive su una tastiera.

 

Secondo lo psicologo francese Stanislas Dehahene, il circuito neurale che viene messo in moto quando scriviamo ci fa assimilare il gesto per tracciare un segno determinato, facilitando allo stesso tempo i nostri percorsi d’apprendimento. Inoltre, combinando le nostre abilità motorie con la sensazione fisica di toccare carta e penna, i nostri cervelli ricevono un feedback nettamente migliore rispetto a quello di scrivere con la tastiera.

 

Ecco le ragioni per cui potrebbe essere più vantaggioso utilizzare un diario cartaceo rispetto ad uno digitale:

 

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