Economia e lavoro, Società e politica

I DIPENDENTI PUBBLICI NON PAGANO LE TASSE, LO DICE ANCHE LA MATEMATICA

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di GUGLIELMO PIOMBINI

 

Da dove viene, e dove va a finire il denaro pubblico? Poiché il “pubblico” è un’astrazione che non può pagare o ricevere nulla, questo denaro esce sempre dalle tasche private di qualche individuo in carne ed ossa e, gira e rigira, finisce sempre nelle tasche private di qualcun altro.

Osservando più da vicino il percorso che compie il denaro pubblico dal suo prelievo fino alla sua destinazione finale ci accorgiamo che il gettito dello stato proviene dai versamenti effettuati dai contribuenti privati (aziende, professionisti, individui), a proprio nome o come sostituti d’imposta; e termina la sua corsa nei conti correnti di due categorie di persone: una componente fissa di “consumatori di tasse” (il ceto politico-burocratico) e una componente variabile (tutti coloro che, pur non facendo parte dell’apparato statale, ricevono pensioni, sussidi o elargizioni dallo stato).

 

In concreto lo stato incassa l’intero gettito dal settore privato, e lo usa per pagare tutti gli stipendi della pubblica amministrazione. Anche la gente comune dimostra di essere consapevole di questa situazione quando rivolge al funzionario scortese o inadempiente la frase: “Guardi che sono io che la mantengo con le mie tasse!”.

 

I dipendenti dello stato, infatti, pagano le imposte solo in maniera figurativa, attraverso un artificio contabile, ma in realtà neanche un euro entra nelle casse dello stato. È ovvio infatti che se la busta paga di un funzionario statale riporta 40.000 euro di stipendio lordo e 10.000 euro di trattenute, ciò significa che egli riceve dallo stato 30.000 euro e paga zero di tasse. Lo stato usa la ridicola pantomima di indicare il lordo e il netto nella busta paga dei propri dipendenti per gettare fumo negli occhi della gente, allo scopo di far credere che i lavoratori pubblici e quelli privati siano trattati in maniera uguale, ma le cose non stanno così.

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Dominio potere e violenza, Società e politica

GIANFRANCO MIGLIO: LE TASSE SULLA CASA SONO UN FURTO

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Gianfranco Miglio 

 

 

di CRISTIAN MERLO*

 

Forse non tutti sanno che il mai troppo compianto Prof. Miglio, ormai 20 anni fa, diede alla stampe uno straordinario pamphlet, dal titolo più che eloquente: “Disobbedienza Civile”.

In questo scritto, Miglio andò alla riscoperta di una figura tanto affascinante, quanto negletta, nell’ambito dell’asfittico contesto italiota: quell’Henry David Thoreau, che, in nome del diritto alla resistenza individuale e della disobbedienza civile, affermò, nei fatti peraltro, che è del tutto ammissibile non rispettare le leggi quando esse vanno contro la coscienza e i diritti dell’uomo. Thoreau è un classico del pensiero libertario, che influenzò, in seguito, anche personaggi del calibro di Gandhi e Martin L. King. Miglio se ne servì quale formidabile prisma, per formulare delle radicali e profondissime riflessioni sullo stato di prostrazione, morale prima ancora che economica, in cui versava questo simulacro di Paese all’indomani del ciclone di Tangentopoli. Quando, per dirla tutta, si stava ancora bene…

 

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Regno delle Due Sicilie, Storia Italia, Storia moderna e revisionismo

MIGLIAIA DI SOLDATI BORBONICI DEPORTATI NEI LAGER DEL NORD

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Forte Fenestrelle

 

di STEFANIA MAFFEO

 

la storia vista da un’altra parte (per cercare di capire)

 

Dopo l’  “invenzione contrassegno per marchiare gli ebrei con un panno sulla spalla” (vedi AMEDEO VIII DI SAVOIA) – quindi un precursore dello “antisemitismo” hitleriano – nel 1863 un altro sabaudo inventava i “lager”, e le “vasche di calce” per scioglierci dentro i cadaveri dei reclusi soccombenti borbonici.

 

IL TALLONE DI FERRO DEI SAVOIA

 

Dopo la conquista del Sud, 5212 condanne a morte. Prigionieri e ribelli puniti con decreti e una legge del 1863

Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia.

La prima pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti del 15 agosto 1863  “… per la repressione del brigantaggio nel Meridione”[1].

 

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Storia moderna e revisionismo

IL TESORO DI MUSSOLINI…. E POI QUALCUNO DICE CHE È NOSTALGICO

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Riporto un articolo di Filippo Giannini che non condivido appieno, ma lo trovo molto veritiero nella conclusione. Benito Mussolini con tutti i suoi gravi errori una qualità indiscussa l’aveva: quella di non arricchirsi attraverso la politica. Alla sua morte il paese era allo sbando, ma c’erano le basi per una immediata rinascita. Anche la moglie e figli del Duce furono lasciati nella povertà a tal punto che per vivere dovettero aprire una trattoria, in tutti quei anni di potere assoluto non penso mai di accantonare qualche gruzzolo all’estero.

Di tutt’altra pasta sono i nostri politici “democratici”.

 

…E POI UNO DICE CHE E’ NOSTALGICO…

 

di Filippo Giannini

 

Viviamo nell’anno 2010 LXV dell’Era Sfascista. Abbiamo vissuto l’Era dei finocchiopoli, quella di tangentopoli, quella di affittopoli, quella di calciopoli, quella di bancopoli e la farsa continua. Cos’altro volete o italyoti?

 

Qualche giorno fa su un canale della Rai/Tv era in programma una trasmissione dal titolo L’onestà è ancora un valore? Come generalmente uso fare, non vidi tutta la trasmissione, ma questo ha un’importanza relativa.

Dopo il fausto (minchia!) giorno della liberazione, la nuova dirigenza politica si dette immediatamente da fare per collegare il periodo pre-fascista a quello post-fascista. E per dimenticare il mai sufficientemente deprecabile, infausto Ventennio, riprese con alacrità il vecchio sistema di governare.

Per meglio comprendere quel che intendo, possiamo iniziare col rammentare che nell’aprile 1955 Giulio Andreotti (ho sentito che qualcuno ha detto: bono quello!) esentò Don Giulio Pacelli, nipote di Pio XII e il conte Stanislao Pecci, pronipote di Leone XIII, entrambi cittadini italiani, quindi soggetti agli stessi doveri degli altri cittadini, li esentò, ripeto, dal pagamento dell’imposta sui patrimoni.

 

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Archeologia Verona, Monade e satira

VERONA, SCAVI DI PIAZZA CORRUBIO E PROFANAZIONE DEL CIMITERO PALEOCRISTIANO: RICORDATEVI DELLA MALEDIZIONE DI RE TEODORICO

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Bassorilievo  di Re Teodorico

La leggenda veronese racconta che Teodorico, al bagno nell’Adige, vide un meraviglioso cervo e lui, grande appassionato di caccia, salì in groppa a un meraviglioso cavallo nero apparso dal nulla. Il nero cavallo era in realtà un essere demoniaco che, al termine di un’allucinata corsa lungo la penisola italiana, precipitò il vecchio re nel cratere di Vulcano nelle Eolie, ingresso dell’inferno, e tutto questo come punizione per aver distrutto il cimitero paleo-cristiano della Chiesa di Santo Stefano. La leggenda è magnificamente ritratta in un bassorilievo della facciata della basilica di San Zeno.

 

O  REGEM  STULTUM  PETIT  INFERNALE TRIBUTUM

MOXQUE  PARATUR  EQUUS  QUEM  MISIT  DEMON  INIQUUS

EXIT  AQUA  NUDUS  PETIT  INFERA  NON  REDITURUS

O  Re stolto! Chiede un dono infernale

Tosto gli appare un cavallo mandato dal triste demone

Esce  nudo dal bagno, cavalca all’inferno senza ritorno

 

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Basilica di San Zeno

 

La scritta, sui marmi della Basilica di San Zeno, ricorda esecrata  per sempre, la punizione divina inflitta  al Re ostrogoto Teodorico  per aver violato,  nel ricostruire le mura della città di Verona, le tombe paleocristiane  dell’area cimiteriale della Chiesa di Santo Stefano.

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Scavi di Piazza Corrubio.  

 

La profanazione, eseguita nel periodo dell’amministrazione Tosi,  dell’area  cimiteriale paleocristiana  adiacente alla Chiesa di San Procolo e San Zeno con la distruzione dei resti dei  della prima chiesa di San Zeno

 

 

La Maledizione di Teodorico

 

Si racconta che nel novembre 2009 la fiera aveva portato molti cavalli in centro città e vederne uno arrivare in piazza San Zeno non era apparsa una cosa strana. Ma quel cavallo aveva un qualche cosa di strano, oltre ad essere bellissimo non faceva rumore, il suo passo era silenzioso, non si sentiva lo scalpitio metallico sul basolato della piazza: era un cavallo scalzo.

Lentamente portato da un cavaliere non più giovane che tradiva le sue origini teutoniche si avvicinava alla facciata della basilica, dove restava per parecchi minuti  in silenzio ad ammirare i bassorilievi del protiro, lo spettacolo era magnifico, quel nero cavallo ricordava tempi passati immortalati nei suoi ultimi divenire in alcune fotografie del Lotze.

Il lucido mantello nero che si mescolava con le prime ombre della sera brillava sotto le luci della piazza, lentamente il cavaliere girò il cavallo, passo davanti alla chiesa di San Procolo, scese verso piazza Corrubio, guardò dall’alto della sua cavalcatura gli scavi archeologici, lesse i cartelli attorno al cantiere e silenziosamente ritornò davanti alla basilica ammirando di nuovo a lungo  la spendita facciata, in fine silenziosamente si avvio passando sotto la torre medioevale in Via Abazia. I sanzenati seduti davanti all’osteria, lo fermarono facendo i complimenti per lo stupendo cavallo. Il misterioso cavaliere, che parlava in un  decente italiano, disse che non poteva fermarsi più di tanto perchè iniziava a far buio, e il suo cavallo era più nero della pece. Prima di andare chiese chi fosse il sindaco. Avuto il nome accarezzo la criniera del cavallo stette in silenzio per alcuni secondi e poi soggiunse: ricordate al vostro sindaco la maledizione di Teodorico.

Quale maledizione? Chiesero gli avventori dell’osteria.

 

Tirato su il bavero calato il cappello sulla fronte giro lo sguardo verso i sanzenati e prima di spronare il cavallo, con voce ferma, pronunciò:

 

 

“IMPRESA  RETTONDINI,  AMMINISTRAZIONE    TOSI,   RICORDATEVI DI ME! 

PENSATE  VOI  DI SFUGGIRE AL TERRIBILE FATO?

NULLA DI CIÒ CHE AVETE  FATTO GODRETE,  NE  IN QUESTA VITA, NE  NELL’ALTRA”.

 

“DAL PROFONDO DELL’INFERNO

TEODORICO VON BERN, IL GRANDE”

Geografia e ambiente, Natura e scienza

PREVEDERE I TERREMOTI: GIAMPAOLO GIULIANI AVEVA RAGIONE, L’INGV SCOPRE IL RADON

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E la Chiesa si rese conto che non era il sole a girare intorno alla Terra, semmai il contrario.

Meglio tardi che mai. Peccato che non sia stato indolore: diffamazioni plurime, denunce per procurato allarme, 300 morti che potevano essere evitati, fiumi di intercettazioni, canzonamenti dell’intellighenzia di sta minchia, insulti, ostruzionismo, interviste RAI censurate, servizi di Superquark di minzoliniana memoria, e chi più ne ha più ne metta.

Questo è il prezzo dell’antica specialità olimpica del nuoto controcorrente: gli altri sono costretti a fare tripli avvitamenti carpiati con torsione dell’evidenza per difendere l’indifendibile – e per continuare a farsi gli affaracci loro indisturbati – e tu remi contro tutti. E non si sa perchè: in fondo basterebbe parlarsi e smetterla di giocare a chi ha la cresta più colorata del pollaio.

Italians, direbbero all’estero, e infatti lo dicono.

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Religione Chiesa Cattolica, Storia e arte - Verona

POIANO DI VERONA – CHIESA DELL’ALTAROL

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La chiesa dell’altarol

 

Di un edificio lungo gli argini del progno si trova segnalazione nella carta del 1440 detta dell’Almagià, conservata  in originale a Venezia e in copia alla Biblioteca Civica di Verona.

Alcuni autori parlano di un arco con edicola; la carta dell’Almagià ci restituisce invece la chiara immagine di un piccolo edificio.

Il toponimo  Altarol è attestato nel 1589. Di una immagine dipinta sul muro soprastante  un altare, parla il rapporto del Vescovo Pisani, che attesta la presenza di una cappella o oratorio. Accanto alla chiesa si trovava un cimitero recintato.

Nel 1700 il Vescovo Barbarigo ordina che vengano poste inferriate alle finestre. Il Parroco di Poiano Don Salvagno, provvede al restauro e all’ampliamento una decina d’anni dopo.

Presso l’oratorio, nella parte ampliata, troverà dimora anche un eremita, tal Scandolari.

Nel tempo l’edificio ebbe a subire danni e incurie, tanto da progettarne uno nuovo a fronte del vecchio, dall’altra parte della strada.

 

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Geografia e ambiente, Natura e scienza, Persone e personaggi

GIAMPAOLO GIULIANI: VI RACCONTO LA MIA VERITÀ SULL’AQUILA

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ASCOLI PICENO. Alla libreria “La Rinascita” si è svolto un incontro con il tecnico inventore di un sistema che prevedrebbe i terremoti. Nell’evento organizzato dall’associazione culturale Criveo ha presentato il suo nuovo libro

 

«Un terremoto non arriva mai all’improvviso, ma bussa più volte alla porta per avvisarci, prima di arrivare». A quasi un anno dal terribile sisma che ha sconvolto l’Aquila il 6 aprile scorso, Giampaolo Giuliani torna a raccontare la sua versione riguardo ai giorni che hanno preceduto la forte scossa.

 

Una tragedia che a suo avviso si sarebbe potuta evitare, come recita il titolo del suo libro, scritto a quattro mani con Alfredo Fiorani, “L’Aquila 2009. La Mia Verità sul Terremoto. La storia mai raccontata di un disastro annunciato, dell’uomo che avrebbe potuto salvare 300 vite umane e delle istituzioni che non gli hanno creduto”. L’incontro, organizzato dall’associazione culturale Criveo (Centro Ricerche Verità Occultate), ha richiamato molte persone, che hanno gremito la sala della libreria “La Rinascita”.

 

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Egitto Canaan e dintorni, Geografia e ambiente, Natura e scienza

ISRAELE, UNA TERRA MOLTO, MOLTO SISMICA

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Terremoto in Palestina

 

 

Israele,
i sismologi non sono in grado di prevedere quando si verificherà il prossimo terremoto di grandi proporzioni in Medio Oriente.

 

Un geologo dell’università di Tel Aviv, tuttavia, ha fatto notare che, rispetto ai dati registrati in alcuni documenti storici, la data dell’evento è in sensibile ritardo.

 

Se il futuro sisma dovesse sprigionare una magnitudo superiore a sette gradi della scala Richter, ha affermato il geologo Dr. Shmulik Marco, si potrebbero avere conseguenze molto gravi per i luoghi santi e per la stessa pace.

 

Servendosi della traduzione di centinaia di documenti, lo studioso ha potuto accertare che negli ultimi duemila anni la Terra Santa è stata colpita da una serie di terremoti devastanti.

 

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Economia e lavoro, Società e politica internazionale

LOCALISMO E POTERE GLOBALE

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Con la fine dell’apparente dicotomia USA-URSS, il mondo ha assunto una struttura multipolare. Al trust dei Paesi dominanti si affiancano Paesi emergenti, termine usato per indicare le aree in via d’integrazione in un unico grande mercato che, nelle intenzioni delle oligarchie beneficiarie, dovrebbe assumere sempre più una dimensione planetaria.

 

L’attuazione del progetto non è pacifica, sia per la conflittualità interna al gruppo delle nazioni industrialmente avanzate, sia per i fattori di instabilità impliciti nella progressiva estensione dell’universo capitalista. Al tempo stesso, la molteplicità del locale sembra resistere, e talvolta contrapporsi, all’avanzata del globale, facendo ragionevolmente dubitare della ineluttabilità di certi processi così come descritti dalla propaganda mondialista.

 

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