Economia e lavoro Verona, Geografia e ambiente, Lessinia, Storia e arte - Verona

LE  MAROGNARE, I MURI A SECCO DEL PASSATO SUI NOSTRI MONTI 

LE MAROGNARE, I MURI A SECCO DEL PASSATO

El marognìn

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I muri a secco che ridisegnano a gradini i pendii delle nostre montagne veronesi vengono propriamente denominati nel dialetto veronese con il termine di “marognàre”, un termine che nella lingua italiana designa propriamente un informe mucchio di pietre. 

Le “marognàre” sono invece il frutto di una secolare tecnica costruttiva. 

La “marogna”, da cui “marognàra” e lo stesso cognome Marogna, veniva realizzata in passato con l’antica tecnica del muro a secco, venivano impiegati cioè solo dei sassi, di diversa grandezza, senza alcun tipo di legante. 

Le pietre venivano riposte manualmente nel “dèrlo” (gerla) e trasportate a schiena o sulle “barèle” (carriole di montagna prive di ruota) e venivano raccolte un tempo anche per liberare il terreno e renderlo coltivabile. 

Innanzitutto si provvedeva a liberare le fondamenta del muro dal terriccio, per trovare una solida base di roccia, poi si iniziava la costruzione disponendo al suolo i massi più grossi, partendo con una larghezza anche di un metro e mezzo. 

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Alimentazione e gastronomia, Storia e arte - Verona

LA FAMOSA PEARÀ: IL TESORO VERONESE TRA LEGGENDA E REALTA’. 

peara

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La pearà, o piperata  termine del dialetto veronese, è una salsa povera o, più propriamente, una salsa semplice. 

Non esiste altro piatto che rappresenti la veronesità più della pearà. E d’altro canto la pearà non viene preparata in altre città o regioni se non a Verona e alla sua provincia.

La pearà è una salsa pepata servita assieme al bollito misto. Tuttavia non va considerata un semplice accompagnamento, ma parte integrante del piatto, tanto da comparire nel nome stesso: bollito misto con pearà.

Come tante altre cose, anche questa è legata ad una leggenda la quale narra che, nel 557, fu il cuoco di corte di Alboino, re dei Longobardi, a inventarla perché aveva bisogno di un cibo in grado di ridare forza a Rosmunda, la quale, divenuta forzatamente moglie del re, si stava lasciando morire di fame dopo essere stata costretta a bere dal cranio, trasformato in coppa, del padre Cunimondo re dei Gepidi ucciso in battaglia dallo stesso Alboino. 

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Cronaca, Persone e personaggi, Storia e arte - Verona

EX VOTO PER IL RAPIMENTO E LA LIBERAZIONE DI ANGIOLINA

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Chiesa della Madonna  dell’Altarol – Poiano – Quadro Ex Voto 

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Uno degli ex voto conservato nella chiesa fu dedicato dalla famiglia Leonardi, a ricordo del rapimento della figlia Angiolina.

II rapimento avvenuto il 23 luglio 1675 della bella Angiolina, figlia unica del ricco mercante Giangiacomo Leonardi ad opera  dei conti Provolo e Zenovello Giusti di Stelle, è entrato nella memoria storica della gente della Valpantena  grazie anche al romanzo storico del 1886 ad opera dell’abate di Poiano,  Pietro Caliari che dimorava nel Palazzetto Rimini.

La leggenda narra che il conte Provolo di Santa Maria in Stelle, con l’aiuto del brigante Falasco, volle organizzare il rapimento di Angiolina di Poiano, figlia di messer Lonardi, ragazza di cui si era invaghito senza essere corrisposto. Un bel giorno, quindi, il conte Provolo, entrato con i briganti in casa di messer Lonardi, rapì la figlia Angiolina fuggendo poi verso Ferrara, lontano dalla Serenissima.

L’intento del conte era di sposare la ragazza di nascosto e forzatamente. Si narra che Angiolina fosse già segretamente fidanzata con il marchese Sagramoso, il quale, venuto a conoscenza dell’accaduto, cominciò ad indagare seguendo le tracce lasciate dalla banda. Con l’aiuto del Cardinal Legato (che governava la città di Ferrara) scoprì dove si trovava Angiolina e la ragazza fu liberata. Il conte Provolo fu arrestato. La banda dei briganti fuggì, ma Falasco venne fermato ed impiccato sotto le mura di Verona mentre cercava di rientrare in città per compiere un’altra sua bravata.

Una recente riedizione a cura della Comunità Parrocchiale di Stelle ha recuperato per noi il ricordo della vicenda. Tanti ebbero modo di ascoltare la storia del rapimento dalla voce degli anziani, che se ne tramandavano il ricordo.

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SEI DI PESCANTINA SE ….

pescantina donne adige

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Dalle memorie di padre Leone de’ Minori nato a Pescantina prima dell’unità d’Italia:

<<< A proposito poi di una sua permanenza nella città di Bologna, il frate descrive il seguente fatterello: 

” Una volta nel nostro convento di S. Antonio, in via Guido Guinizelli n.3, m’incontrai con l’insigne pittore Giacomo conte Gianni, il quale , come seppe che ero di Pescantina, così scherzando disse, davanti a una corona di frati:

– Oh! il Padre Leone è dunque di Pescantina? Quei de Pescantina, soggiunse, sono tremendi: Domandano una pipa di tabacco, poi danno un colpo di coltello e mettono le budella nelle mani…. il primo galantuomo di Pescantina ha fatto 25 anni di galera…. e il Padre Leoncino, se non avesse la grazia della vocazione, a quest’ora sarebbe in prigione….-. 

Ma il nobile uomo trovò in me un estremo difensore della sua patria, e gli dimostrai come i Pescantinati non sono un popolo di briganti o di asassini; ma un popolo evoluto, civile e degno dell’altezza dei tempi…. Tutti i presenti risero saporitamente ….. >>>>

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Fonte: Tratto da ” Pescantina tra ‘800 e ‘900 ” scritto da Giannantonio Conati ………

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VERONA. TRASFORMAZIONE DEGLI EX MAGAZZINI GENERALI

magazzini generali

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ALCUNE NOTE INVIATE DA FAUSTO CALIARI PER RICORDARE IL PERCORSO CHE HA PORTATO L’INTERA AREA DEGLI EX MAGAZZINI GENERALI A TRASFORMARSI DA ZONA PRODUTTIVA, A CULTURALE E INFINE TERZIARIO-DIREZIONALE. 

RISULTA CHIARO IL RUOLO AVUTO DALLA FONDAZIONE CARIVERONA IN QUESTA OPERAZIONE CHE HA PRIVATO VERONA E I VERONESI DI UN’OTTIMA OPPORTUNITA’ DI RIQUALIFICAZIONE .

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LA PROFEZIA DELLA LOCOMOTIVA COSMICA SI È TRISTEMENTE AVVERATA. 

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Dopo la ristrutturazione la magnifica Stazione Frigorifera n°10 appare come un effimero guscio vuoto, violentemente scarnificato, addomesticata e imbellettata per asservire al meglio le nuove

funzioni commerciali, spogliata dei preziosi elementi caratterizzanti che la elevavano potentemente a luogo immaginifico dell’anima, e che proprio per questo ne giustificavano il vincolo integrale originale, perché con il tempo era divenuta opera d’arte; vincolo ribadito con ben due sentenze del consiglio di Stato purtroppo rimaste lettera morta. Ora si può davvero dire che sia spenta e abbandonata in un deserto di idee, lontanissima dalla sua energia primordiale. 

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SVELATA LA PROVENIENZA DELLA PIETRA DELLA CELEBRE “VENERE” GRAVETTIANA DI WILLENDORF: E’ ITALIANA, DELLA LESSINIA!

la venere

La “Venere” gravettiana di Willendorf

La piccola scultura litica femminile di Willendorf, alta 110 mm, risalente a circa 30.000 anni fa e appartenente alla tipologia delle cosiddette “Veneri” del Gravettiano, è un’autentica icona del Paleolitico, rinvenuta sulle rive del Danubio nel 1908 ed esposta nel Museo di Storia Naturale di Vienna. Recentemente è stata ristudiata da un gruppo di specialisti austriaci e tedeschi, che hanno appena pubblicato uno studio su Scientific Reports. Le analisi condotte con tomografie microcomputerizzate rivelano l’origine, la scelta del materiale e le caratteristiche della superficie nella quale è stata scolpita, una tenera oolite del Mesozoico. Dopo aver campionato molti affioramenti oolitici su un raggio di 2500 km dalla Francia all’Ucraina, è stata trovata una corrispondenza sorprendentemente stretta con la granulometria del calcare oolitico del Lago di Garda, soprattutto dall’area di Sega di Ala nei Monti Lessini, tra Trentino e Veneto. Tutto ciò sembra suggerire una notevole mobilità delle popolazioni Gravettiane così come un trasporto su lunghe distanze di manufatti da sud a nord ad opera di gruppi di cacciatori-raccoglitori sapiens, prima dell’ultimo massimo glaciale.

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IL FENOMENO DEL BRIGANTAGGIO NELLA LESSINIA DEL PASSATO

brigante 1 -3-2022

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Con il termine  brigantaggio  si  è soliti definire una forma del banditismo  caratterizzata da azioni violente a scopo di rapina ed estorsione, mentre in altre circostanze esso assume risvolti insurrezionalisti   su fondo   politi sociale..

Sebbene il fenomeno abbia origini remote che si perdono nella notte dei tempi, e nei vari periodi storici e territori diversi, nella storiografia italiana, questo termine si riferisce generalmente alle bande armate che erano presenti nel Mezzogiorno d’Italia tra la fine del XVIII secolo e il primo decennio successivo alla proclamazione del Regno d’Italia.

L’attività del brigantaggio assunse connotati politici e anche religiosi solo all’inizio del XIX° secolo, con le sollevazioni sanfediste antifrancesi. Fu duramente repressa all’epoca del Regno di Napoli e durante l’occupazione napoleonica, borbonica e risorgimentale, allorquando, dopo essersi ulteriormente evoluta, si oppose alle truppe del neonato Stato Italiano.

In questa fase storica, sia all’interno che al di fuori di queste bande e mossi anche da motivazioni di natura sociale e politica, agivano gruppi di braccianti ed ex militari borbonici.

Con il termine brigante si descrive generalmente una persona la cui attività è al di fuori della legge (contra legem). Spesso venivano definiti briganti, in senso dispregiativo, i combattenti ed i rivoltosi in particolari situazioni sociali e politiche. L’origine della parola non è ancora chiara e diverse sono le ipotesi formulate.

Il brigantaggio sin dalla sua genesi aveva – ed ha tuttora – come causa di fondo la miseria. Oltre a mera forma di banditismo (soprattutto nel Medioevo), il fenomeno ha spesso assunto connotati di vera e propria rivolta popolare. In età moderna, furono coinvolti vari strati sociali, con connessioni e complicità tra signori e banditi, investendo indifferentemente zone urbane e rurali. 

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LA NECROPOLI DI PIAZZA CORRUBBIO A VERONA: DATI PALEOBIOLOGICI PRELIMINARI

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piazza corrubio scavi

Lo scovo di Piazzale Corrubio

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La necropoli è stata indagata nel 2009 nel corso di interventi archeologici condotti durante la costruzione di un parcheggio sotterraneo, eseguiti dallo Studio di Archeologia Cipriano-Meloni con la Direzione scientifica di G. Cavalieri Manasse (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, Nucleo operativo di Verona). 

Nel corso di quest’intervento vennero portate alla luce 249 tombe ad inumazione, di varia tipologia e grado di conservazione, oltre ai resti di alcuni edifici a carattere religioso-funerario, attualmente in corso di studio. 

Una seconda campagna di scavo condotta tra 2010 e 2011 dalla Cooperativa Multiart Soc. Coop, sempre alla direzione scientifica di G. Cavalieri Manasse, permise di mettere in luce altre 148 deposizioni. 

Dall’analisi dei dati archeologici, la necropoli risulta aver avuto un lungo periodo di utilizzo: dal III secolo d.C. all’VIII-IX secolo d.C.  All’interno di quest’arco temporale si sono potute distinguere tre fasi principali: una prima fase si estende dalla fine del III secolo d.C. all’inizio del IV secolo d.C., una seconda dal V al VII secolo d.C. e una terza tra il VII secolo e l’VIII secolo d.C. 

La fase di abbandono rimane invece scarsamente documentata a causa di livellamenti frequenti in epoca antica e moderna che hanno mantenuto lo strato di frequentazione alla quota antica. 

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DALLA LESSINIA FINO IN RUSSIA CON NAPOLEONE, COME UN BENEDETTI DIVENNE EL BERESINA.

el beresina

 Nella foto Giuseppe Benedetti, detto «Caporale» con le figlie Linda e Marietta 

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Francesco Benedetti, nato a Ceredo nel 1795, desideroso di vita avventurosa, ma anche per garantirsi, in quel periodo di ristrettezze, almeno due pasti al giorno, si unì nel 1812 alle truppe napoleoniche che dal Veneto marciavano verso la Russia.

Ben presto si trovò, nel novembre dello stesso anno, a combattere la battaglia della Beresina, che fu battaglia combattuta presso il fiume Beresina, affluente di destra del Dnepr, tra la Grande Armata di Napoleone e l’esercito dell’impero russo tra il 26 e il 29 novembre 1812, durante la campagna di Russia. Lo scontro ebbe un esito discusso: anche se le forze francesi riuscirono a forzare la linea russa, evitando così di finire intrappolate fra le tre armate che convergevano su di loro, la battaglia costò loro moltissime perdite, ed in ogni caso la ritirata dalla Russia non fu arrestata.

Infatti la battaglia della Beresina è contemplata dagli storici come uno dei peggiori disastri militari della storia contemporanea, benché dall’esito parzialmente favorevole. Essa infatti è stata eretta a simbolo della disfatta della campagna di Russia intrapresa dall’Impero francese nell’estate del 1812.

Per molti soldati il fiume Beresina diventa la tomba. Francesco, allora diciassettenne, si salva per miracolo fingendosi morto nel ventre di un mulo squarciato.

Ritornato, dopo diverse peripezie nelle sua Ceredo, anche se non sollecitato, continua a raccontar della sua avventura-disavventura, mettendo nel suo dire così spesso il fiume Beresina, tanto che finisce per diventare egli stesso «el Beresina», in seguito storpiato in Bresina, e Bresini.

A raccogliere i racconti del «Beresina» da tramandare oralmente ai posteri ci ha pensato il nipote Giuseppe Benedetti, nato nel 1854, detto «Il Caporale».

Nel tempo «Bresini» saranno chiamati, ancora oggi, i Benedetti suoi discendenti, originari da un unico ceppo, cognome presente sul territorio fin dalla metà del 1500.

Fonte: da facebook,  Magica Lessinia

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