Enzo Monti Racconti

DAL PRETE PER LA LICENZA DI MATRIMONIO

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– Sei di Cremona vero? Anche se non ti ho mai vista prima, dimmi che sei di Cremona!

 

Queste erano state le parole di mio fratello nella lontana primavera del Sessantasette.

 

Percorrendo Corso Garibaldi e diretto in centro, aveva incrociato una gran bella ragazza di colore, di quel bel colore vellutato e abbronzato che hanno le ragazze dell’America Latina.

 

In Cremona, che a quel tempo contava meno di sessantamila abitanti, s’era visto fino allora un solo moretto che correva per le vie. Era un boxer che s’allenava in una palestra cittadina avendo scelto come maestro un vecchio e glorioso atleta cremonese ch’era stato campione italiano in quello sport.

 

Se fosse stata una delle nostre ragazze, come pretesto per attaccar bottone (1), poteva domandare il nome d’una via, dove si trovava una certa chiesa, addirittura la strada più breve per arrivare al museo e, visto che non gli mancava la fantasia, perfino la ricetta d’un dolce, pur di farla sorridere. Ma a quella bella moretta che altro poteva chiedere?

 

Sorridendo, la ragazza rispose che era di Panama, che studiava a Bologna e che si trovava a Cremona ospite d’una amica.

 

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Enzo Monti Racconti

GIU’ LE MANI DAL CULO

 

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Che fortuna! riuscire a dominare la voglia matta di mettere le mani su qualche bel culo di donna.

 

E con l’andar del tempo, ho notato che questa foia è comune a tanti uomini, se non addirittura a tutti.

 

A fine maggio del Settantacinque, con mia moglie andai in vacanza per una settimana a Capri. Avevo accettato l’invito di Gian Maria e di sua moglie Ida. Andare a riposarsi e a prendere un po’ di sole facendo qualche tuffo nelle limpide acque della nostra più bella isola, non era cosa di tutti i giorni. E chissà quando mi sarebbe capitato un’altra volta!

 

I partecipanti erano press’a  poco della mia stessa età, dai trenta ai quarant’anni, ed erano tutti impiegati alla IBM, essendo stata la ditta che aveva organizzato quella breve vacanza. Mi fu facile legare con loro: quando si parte, si lasciano i grattacapi a casa e ci si va con una gran voglia di divertirsi. Contrassi amicizia con Ezio e Bravi, entrambi vivaci e scatenati quanto me. E nonostante mia moglie mi fosse sempre alle costole, già con loro ne avevo combinate più d’una.

 

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Enzo Monti Racconti

UN REFOLO

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– Ma hai anche il coraggio di ridere?

 

Gianni “ Chitarra”, mostrando una protesi di pregevole fattura, di rimando:

– Mi vengono in mente gli occhi stralunati e la faccia compiaciuta d’un vecchietto che, iersera, s’è visto sfrecciare davanti due chiappe nude.

 

Fissandolo con rabbia: – Ed io che t’ho aspettato fino a mezzanotte riempiendomi di birra. Potevi almeno telefonare!

 

– M’è stato impossibile.

 

– Figuriamoci! – con sarcasmo: – Viviamo nel Medio Evo e nel deserto – . Rivolto a Toni: – Che tu sappia, c’è stato un black-out telefonico iersera?

 

Me ne sto beato sotto gli ombrelloni, fuori dal bar Sinico, in Via Leoni. Mi tiene compagnia il mio amico Toni, per antonomasia ”Gussa”. Si beve in silenzio, del resto, quando si è con un amico, l’animo è pervaso da una calda disposizione e da una candida condiscendenza che spesso non s’avverte la necessità d’un dialogo.

 

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Enzo Monti Racconti

L’ULTIMO RIFIUTO

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Leggerete ora una perla tratta dal mio primo libro “ Il maestro della leggenda di Sant’Anastasia”.

 

 

L’ULTIMO  RIFIUTO

Qualcuno ha scritto: – Gli occhi sono lo specchio dell’anima.

Qualcuno mi risponda: – Dove stanno le aberrazioni nello specchio o nell’ anima?

 

Nel corso degli anni mi sono preso dalle donne la mia buon dose di rifiuti. Che non si creda che l’abbia fatto per divertimento, tanto meno per avvalorare un certo tipo di statistica. Non sono così impudente e di bocca buona da tentare con tutte. Forse con gli anni ho perso un po’ di vergogna, ma non l’orgoglio: è difficile quindi che mi metta in condizioni di ricevere un rifiuto. Ma per quanto si sia accorti e l’esperienza insegni, davanti a forme voluttuose e a occhi appassionati, l’ardore e la golosità sono tali che, dimentico della volubilità femminile, arrischio ancora. E finché non ci vado a sbattere il naso, non rammento mai che non c’è certezza nel chiedere l’assenso di una donna.

 

Quest’ultimo rifiuto, che per certi versi mi ricorda il primo, ve lo racconto non tanto per sfogare il mio avvilimento, quanto per sottoporlo al vostro giudizio; e credo che alla fine sarete d’accordo con me nel considerarlo d’una bassezza e d’un bigottismo unici nel loro genere.

 

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Enzo Monti Racconti

CHE SIA UNO SCHERZO DELL’AMORE?

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La Natura m’ha fatto allegro: che non è un dono da poco con i tempi che corrono. E che non si creda sia facile ridere di tutto, soprattutto delle cose serie o di quelle che comunemente vengono chiamate tali. Si è spesso invisi e vituperati,  di conseguenza, un motivo in più perché critiche e ingiurie arrivino da tutte le parti.

 

Come posso reagire? Scrollo le spalle e tiro avanti. Non posso cambiare carattere. Non mi riesce frenare gli impulsi e i pruriti di questa mia indole bizzarra i cui bisogni trovano sfogo anche nella beffa.

 

In quell’anno, il Carnevale sarebbe arrivato presto, e nel programmarlo, avrei dovuto tener conto di Giovanna, una cara amica di mia moglie. L’ordine era stato chiaro e perentorio.

 

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Enzo Monti Racconti

IL BALCONE

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Per la miseria! Ma che ci fa quella donna in culottes sul balcone? Stende i panni? Ma dove? qui?… proprio qui in Corso Sant’Anastasia?

 

Mi guardo attorno alla ricerca se qualcun altro osservi ciò che sto vedendo. La via purtroppo è deserta: scorgo una vecchietta assorta in preghiera davanti alla Madonnina che c’è sull’angolo di Palazzo Maffei e un crocchio di chiacchieroni all’altezza di Via delle Fogge. Eppure son desto e non soffro di allucinazioni. Lei è lì al balcone che con flemma gioiosa stende la sua biancheria. Bionda, sui vent’anni, tedesca forse. Una bambola bianca come il latte, dalle curve armoniose e dai seni turgidi. Che sia un nuovo modo d’interpretare Shakespeare? Ma quanto sono sciocco: è primavera!

 

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Enzo Monti Racconti

FELLATIO IN ORE

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Questi modesti racconti mi son venuti in mente e li ho scritti nell’ordine (o nel disordine) in cui li ho pubblicati.

Lasciatemi respirare un attimo e aver tempo di metterci mano per rimpolparli e abbellirli. Cercherò di condirli con qualche pizzico di sale e pepe in più, anche se, per quel che ne so, è necessario che il cibo sia già di qualità. In un tempo successivo tenterò di riordinarli. Lo devo, oltre ai miei lettori, per onorare Google che ogni tanto mi  riserva sul mio blog “ enzo-monti. blogspot. com” una pagina intera. Dopo quest’ultimo racconto, ne metterò in rete un paio, scritti negli anni Ottanta e mai pubblicati. Ascolterò volentieri critiche e commenti da parte vostra.

 

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Enzo Monti Racconti

IL FIUTO DELLE DONNE

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Verona  Caffè Dante

 

 

Non c’è dubbio che  le donne abbiano maggior fiuto di noi maschi nelle faccende d’amore.

 

Al giorno d’oggi, le donne poi sono più istruite, meno inibite, più coraggiose, più sfacciate e anche più… di quelle d’una volta, avendo cancellato dalle loro guance le sfumature di rosso. Facciamo quindi più fatica a intuire ciò che hanno nelle loro belle testoline.

 

Anni fa, mi trovavo a cena con la mia compagnia presso il ristorante del Caffè Dante; oltre a qualche coppia di amici, sedevano alla mia stessa tavolata un gruppo di commensali a me sconosciuti, nonostante fossero amici di alcuni di noi. Tra questi, spiccava un’avvenente signora che, da ciò che raccontava il mio vicino di tavolo, doveva essere arrivata senza un compagno, come s’usa dire oggigiorno. Dallo stesso pettegolo appresi poi che la signora era una separata. E il mio appetito crebbe.

 

Pur non essendo una meraviglia d’uomo, mi fu facile agganciarla. Del resto, non avevo concorrenza, oltre a essere tutti più vecchi, erano, come lo sono tutti i miei amici: delle “ossa da morto”. Non disdegnò i miei complimenti, anzi, stava al gioco. Mi feci avanti e mi appartai con lei un paio di volte soffermandomi al banco del bar. Alla terza volta, arrivò mia moglie che, dall’ingresso tra la sala del ristorante e il bar, mi fece un cenno per avvisarmi che la portata era arrivata in tavola.

 

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Enzo Monti Racconti

GIOVANNA

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Le fruttivendole di  Piazza  Erbe…in alto la siora  Concettina detta Tina

 

 

A Verona, all’uscita della breve via che unisce Piazza dei Signori con Piazza delle Erbe, proprio di fronte all’arco della Costa, si trovavano, fino a pochi anni fa, due banchi di frutta e verdura. Uno gestito dalla vecchia Concettina che, dopo aver venduto per anni selvaggina e uccellini, preparava e vendeva ultimamente fondi di carciofi, l’altro dalla nostra Giovanna.

 

Piccola di statura, bionda, muso da volpona, fianchi grandi, con il modo di fare della popolana, ma con il cuore sensibile e generoso della signora, era la regina incontrastata della piazza.

 

Possedeva ironia e umorismo così pungenti da lasciarci di stucco. Le sue battute, tra le più folgoranti che abbia sentito, pur viaggiando sempre sulla stessa linea risultavano davvero tremende. Ancora adesso, anche se son passati più d’una decina d’anni da quando ha venduto il banco ed è andata in pensione, se chiedete informazioni nei bar che s’affacciano sulla piazza, oltre a magnificarla, vi diranno che le sue espressioni, spiritose e coloratissime, rispettavano l’aria popolare della piazza.

 

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Enzo Monti Racconti

LA FESTA DELLE MATRICOLE

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Sfido i giovani d’oggi a riconoscere quale tra le nostre città è anche sede universitaria.

 

Prima degli anni Sessanta, saltava all’occhio che le bronzee statue equestri di alcune piazze  presentavano i sotto pancia dei cavalli così lustri che di più non si poteva. Tutto il merito andava alle matricole universitarie. Era una manutenzione ordinaria che si faceva in autunno all’inizio di ogni anno accademico.

 

Visto che al giorno d’oggi queste feste non si fanno più, spenderò qualche parola.

 

Ora mi vergogno un po’, ma a Pavia, per merito o colpa di Roberto di Soresina, con il soprannome di Za firmavo i papiri e, nonostante fossi piccolo e avessi solo due bolli, essendo iscritto al secondo anno, incutevo terrore tra le matricole.

 

Il papiro non era altro che un foglio da disegno su cui erano scritte, sotto forma di leggi, delle ignobili sconcezze; al tempo stesso, era pieno di disegni porno, raffiguranti giochi erotici, falli e vagine che sbordavano perfino dal foglio. E con più era ricco di oscenità, più era di pregio. Certo che era da tenersi lontano dai genitori, soprattutto se si era delle sante verginelle.

 

Con i ragazzi, bastava che il loro papiro, piegato in quattro parti e usato come lascia passare, fosse ben tenuto e ben disegnato perché apponessi gratuitamente anche la mia firma. Con le ragazze, ero d’altra pasta. Questo diverso comportamento non lo dovevo a un capriccio o a una particolare esigenza della mia natura perversa, ma a una forma di esibizionismo: volevo farmi bello agli occhi degli amici più vecchi.

 

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